Lo sport è in grado di spostare grandi masse come pochi altri settori al Mondo e a dimostrarlo è l’enorme successo e sviluppo che il turismo sportivo ha avuto negli ultimi anni e che, presumibilmente, continuerà ad avere da qui in avanti.
Tantissime sono le persone che sia in Italia che nel resto del Globo organizzano le proprie vacanze lasciandosi influenzare e guidare dalla passione che nutrono per uno sport in particolare.
C’è chi lo fa per partecipare a una gara, chi soltanto per svagarsi, chi per seguire una competizione organizzata proprio in quel luogo per il quale si è deciso di partire.
Tutte casistiche che rientrano nel macro-mondo del turismo sportivo.
Proviamo a capire meglio di cosa si tratta.
Cos’è il turismo sportivo?
Il turismo sportivo è quel tipo di turismo che porta una persona a scegliere di visitare un determinato luogo poiché in esso potrà svolgere una precisa attività sportiva o seguire una gara da spettatore interessato.
Un esempio? Organizzare un fine settimana sulle Alpi italiane per poter sciare oppure volare in Inghilterra e assistere a una partita di calcio nella terra del football o di cricket in India e, ancora, di baseball, basket o football americano negli Stati Uniti d’America.
Insomma, scegliere una meta che rappresenti il luogo ideale in cui praticare o seguire lo sport che più piace o per il quale si ha una passione.
Un grande traino per l’economia del territorio in cui ci si dirige e che del turismo sportivo spesso e volentieri potrebbe anche vivere.
Basta prendere in considerazione alcuni dati riportati sul sito ufficiale del World Sport Tourism Show, secondo cui ogni anno il turismo sportivo genera dai 12 ai 15 milioni di arrivi internazionali.
Esso rappresenta circa il 10% dell’industria turistica mondiale, per un fatturato complessivo di circa 800 miliardi di dollari.
Stando a un’analisi dell’ETC del 2013, in un Paese come l’Australia, per esempio, l’indotto generato dal turismo sportivo ha raggiunto la quota record del 55%, mentre in altri Stati ha superato la soglia del 25%.
Regno Unito, Germania, Italia, Spagna, Danimarca, Finlandia e Svezia sono i Paesi europei che più di tutti gli altri “producono” turisti sportivi.
Prendendo in considerazione soltanto lo Stivale, su 20 milioni di italiani che praticano attività sportiva, più di 11 milioni sono stati almeno una volta nella vita dei turisti sportivi.
Circa un italiano su quattro sceglie, infatti, la propria meta turistica dopo aver preso in considerazione l’offerta sportiva presente in tale zona.
C’è chi lo fa attivamente e chi passivamente. È, infatti, giusto operare una distinzione necessaria.
A svolgere turismo sportivo attivo è colui che sceglie di dirigersi in un preciso territorio con lo scopo di praticare in prima persona lo sport desiderato.
Si considera, invece, un turista sportivo passivo chi sceglie un luogo piuttosto che un altro con il solo intento di assistere in qualità di spettatore a manifestazioni sportive o eventi organizzati.
Va da sé che, questa seconda opzione apre a scenari potenzialmente infiniti, in quanto ogni giorno in moltissime parti del Mondo vengono organizzate le più svariate competizioni sportive.
Dalle partite di calcio a quelle di tennis, dagli sport acquatici a quelli invernali, dalle tipiche discipline americane alle gare motoristiche.
C’è né per tutti i gusti, praticamente in ogni Paese.
Il turismo sportivo è, infatti, spesso utilizzato come chiave per aprire le porte del proprio Stato a una platea più ampia di turisti, promuovendo la propria cultura e le proprie tradizioni attraverso lo sport.
Un mezzo che nel corso della Storia è sempre stato utilizzato per far conoscere il proprio territorio a livello internazionale.
Da qui, la distinzione tra turismo nazionale e popolare.
Il turismo sportivo nazionale è quello che promuove, come anticipato, cultura e tradizioni di un intero Paese, mentre il turismo sportivo popolare è quello che attrae sia un grande pubblico che un’importante attenzione mediatica.
È così che in alcuni luoghi si riscontra un turismo di massa, mente in altri un turismo di nicchia, legato magari a sport meno blasonati e pubblicizzati, ma che possiedono però un forte radicamento in un determinato territorio.
Due facce diverse della stessa medaglia e che possono entrambe, con incidenze differenti, giocare un ruolo fondamentale anche dal punto di vista economico.
Ci sono, infatti, luoghi che di turismo sportivo vivono, grazie alla continua organizzazione di eventi in grado di far vivere un’esperienza autentica, oltre che unica e personale, a chi sceglie di provarla in prima persona (sia attivamente che passivamente, ndr).
Le masse che il turismo sportivo riesce spesso a spostare significano nuovi introiti per le mete finali in cui queste persone si muovono, con un inevitabile effetto a cascata sugli altri settori economici.
Considerando i dati raccolti, il turismo sportivo porta benefici anche al settore culturale e dell’intrattenimento, a quello agroalimentare e a quello dei trasporti, senza dimenticare l’editoria, le industrie manifatturiere e il settore del commercio e delle attività ricreative.
Il turista sportivo, infatti, prima di intraprendere il proprio viaggio si documenta, legge, visiona video, acquista materiali tecnici, visita fiere di settore o eventi legati allo sport che andrà poi a seguire in vacanza. Tutte azioni che muovono la catena economica.
Lo dimostrano le dichiarazioni rilasciate poco meno di un anno fa a La Gazzetta dello Sport dall’allora amministratore delegato di Enit (Agenzia Nazionale del Turismo), Roberta Garibaldi, oggi Vicepresidente del Comitato Turismo OCSE:
“Il turismo ha acquisito negli anni sempre maggior peso nell’economia turistica sia dei territori sia degli operatori e molte località hanno mutato il proprio destino turistico e la propria geografia grazie agli eventi sportivi che coniugano contatto con la natura, passione e adrenalina e quindi emozioni e benessere psico-fisico e al contatto con la natura. Acquista così nuova centralità lo spirito decoubertiano, con uno sport e un turismo sportivo vissuto da protagonisti e non da spettatori. Si interrompe così il ciclo legato alla vacanza convenzionale e favore di un modo di viaggiare più consapevole, attento e responsabile aprendosi alle esperienze da vivere e da proporre che rappresentano una significativa opportunità e risorsa per tutta l’Italia”.
Così parlava riferendosi al ruolo sempre più importante giocato dal turismo sportivo in Italia, terra che per la sua conformazione geografica ha la possibilità di offrire le mete più svariate a chi vuole praticare questo tipo di turismo:
“È un momento d’oro per il turismo sportivo e per la montagna, che già questa estate [la scorsa, ndr] ha superato in alcuni periodi anche il prodotto mare. Valorizzare più forme di turismo consente di apportare ricchezza a località meno note, di valorizzarne il potenziale, di destagionalizzare e internazionalizzare i flussi. Questo apre sempre di più l’Italia a una ricettività e ospitalità di ampio respiro con riflessi sulle strutture, infrastrutture, innovazione e lavoro. Sappiamo quale è il patrimonio artistico, naturale e culturale che possiamo offrire. Abbiamo bisogno che tutti coloro che si occupano dell’accoglienza, che accolgono i turisti, siano professionalmente preparati e in grado di soddisfare esigenze sempre più elevate da parte del turista”.
Parole che dimostrano come il turismo sportivo possa davvero favorire la crescita di appeal di un territorio.
D’altronde, frenare la passione è spesso impossibile ed è proprio di passioni che il turismo sportivo si alimenta.